La riforma del MES il cosiddetto Fondo Salva Stati, è entrata prepotentemente nel vivo del dibattito politico. Nato nel 2012 per sostituire il preesistente Fondo europeo di stabilità finanziaria e Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria, il Mes vuole essere una sorta di Fondo monetario europeo per sostenere i membri dell’area euro in difficoltà cui si offre un programma di aiuti in cambio di riforme strutturali.
Nella riforma del Mes non c’è una ristrutturazione automatica del debito, ma si può definire come uno strumento per individuare rischi finanziari dei singoli Paesi membri evitando l’effetto contagio verificatosi nella crisi del 2009-2010.
La riforma di questo meccanismo desta preoccupazione in Italia perché subordina il supporto finanziario ad alcune condizioni di “buon governo”.
Infatti, secondo quanto concordato finora all’Eurogruppo per accedere agli aiuti del Mes il governo di uno stato membro dovrà rispettare tre condizioni:
• non essere in procedura di infrazione;
• avere il deficit sotto al 3% da due anni
• avere il rapporto debito Pil inferiore al 60%.
Condizioni che ad oggi l’Italia non rispetta, a meno di accettare la ristrutturazione del debito.
Si stima infatti che Grecia e Italia avranno nel 2020 un debito pubblico sopra il 130% del Pil, il Portogallo continuerà a ridurre il rapporto sotto il 120% mentre il Belgio lo stabilizzerà poco sotto il 100%.
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